mercoledì 30 gennaio 2013
Fa sempre un certo effetto ........
Oggi ho ricevuto una gradita sorpresa che mi ha riportato indietro nel tempo.
In questa era digitale, di cui io sono una sostenitrice, ricevere un biglietto, tramite posta, decorato e scritto a mano, e' davvero un romantico salto nel passato.
Io sono sempre stata una di quelle che scriveva biglietti, cartoline, lettere, quante lettere ho scritto, le mie amiche di penna possono certo confermare, ho incominciato a scrivere a dieci anni e avro' smesso intorno ai venticinque anni con l'avvento del cellulare !
Devo ammettere che ritrovarmi tra le mani questo biglietto e' stato molto emozionante, ho respirato la cura e l'affetto con cui questa mia amica l'ha preparato e poi finalmente tornare a leggere il corsivo:
Per ringraziarla dell'emozione che mi ha regalato stamattina, ho deciso di scrivere questo post e anche per condividere con voi la necessita', a volte, di fermarsi, di tornare indietro nel tempo, riscoprire come le piccole cose fatte a mano con il cuore, possano avere un valore infinito.
Questo e' il blog della mia amica Gemma: http://lacascinacreativa.blogspot.it/ .
Molte di voi gia' conosceranno la sua creativita' e la sua bravura, ci sono anche molti spunti originali, un blog da visitare !
martedì 29 gennaio 2013
Bambini: lasciamoli rischiare
Leggete questa riflessione, scritta da "Un pediatra per amico"
"Negli anni ‘70 i bambini dai 6 agli 11 anni che si muovevano autonomamente sul percorso casa–scuola erano il 90%, negli anni ’90 erano solo il 10%; dai dati che abbiamo raccolto nel 2010 sappiamo che oggi non superano il 6%. I ragazzi e le ragazze delle medie che si muovono autonomamente non superano il 50%.
Possiamo dire che oggi, praticamente, nessun bambino che abbia meno di 10 anni esce più da solo di casa. Questo cambiamento produce una serie di conseguenze gravi sul piano psicologico, cognitivo, sociale e fisico, tanto da poterlo considerare uno dei fenomeni più importanti e preoccupanti che riguardano la condizione infantile del nostro tempo…
E` questo l’incipit dell’articolo con il quale Francesco Tonucci lancia un allarme: troppi bambini vivono ormai la loro infanzia chiusi tra quattro mura, senza fare la minima esperienza di autonomia, si spostano esclusivamente in macchina e sono scortati perennemente dagli adulti, non corrono mai il minimo rischio e arrivano all’adolescenza inesperti e irresponsabili.
Un articolo, quello di Tonucci, che vuole dare una scrollata a tutti coloro che si occupano di bambini, genitori, scuola, istituzioni, siamo tutti responsabili della generazione che verrà, nessuno escluso. E allora, nel loro e nel nostro interesse, liberiamo l’infanzia dal controllo eccessivo e dalla follia della sicurezza ad ogni costo, lasciamo che i nostri bambini rischino almeno qualche volta, lasciamoli crescere."
Possiamo dire che oggi, praticamente, nessun bambino che abbia meno di 10 anni esce più da solo di casa. Questo cambiamento produce una serie di conseguenze gravi sul piano psicologico, cognitivo, sociale e fisico, tanto da poterlo considerare uno dei fenomeni più importanti e preoccupanti che riguardano la condizione infantile del nostro tempo…
E` questo l’incipit dell’articolo con il quale Francesco Tonucci lancia un allarme: troppi bambini vivono ormai la loro infanzia chiusi tra quattro mura, senza fare la minima esperienza di autonomia, si spostano esclusivamente in macchina e sono scortati perennemente dagli adulti, non corrono mai il minimo rischio e arrivano all’adolescenza inesperti e irresponsabili.
Un articolo, quello di Tonucci, che vuole dare una scrollata a tutti coloro che si occupano di bambini, genitori, scuola, istituzioni, siamo tutti responsabili della generazione che verrà, nessuno escluso. E allora, nel loro e nel nostro interesse, liberiamo l’infanzia dal controllo eccessivo e dalla follia della sicurezza ad ogni costo, lasciamo che i nostri bambini rischino almeno qualche volta, lasciamoli crescere."
Ecco l'articolo: "Bambini in città" - Rivista n. 4 Luglio-Agosto - 2011
Lasciamoli liberi
di Francesco Tonucci
Nel 1970 andavano a scuola a piedi e da soli l`80% dei bambini inglesi dai 6 agli 11 anni, nel 1990 solo il 10%. Da recenti ricerche del CNR risulta che in Italia vanno a scuola a piedi senza essere accompagnati il 12% dei bambini di scuola elementare mentre il 70% viene accompagnato in macchina. Le percentuali di autonomia calano all`8% al nord e crescono al 30% al sud; sono più basse quando i genitori hanno un titolo di studio più alto. Altre ricerche italiane ci dicono che solo il 50% dei ragazzi di scuola media va a scuola senza l’accompagnamento adulto. Questa situazione dà luogo a situazioni assurde: i nostri ragazzi ricevono il motorino senza mai aver sperimentato la libertà e la responsabilità di spostarsi senza il controllo degli adulti.
I bambini vivono la loro giornata fra scuola, casa, corsi pomeridiani e TV; sono sempre assistiti e vigilati da adulti, sia a scuola che nelle attività pomeridiane. È diventato per loro impossibile vivere esperienze di scoperta, esplorazione e avventura: è quindi per loro impossibile una vera esperienza di gioco. L`adulto che accompagna il bambino nelle varie tappe della sua giornata non può permettergli di correre rischi, ma il rischio è una condizione necessaria per procedere nello sviluppo delle capacità e delle competenze.
Affrontando gli ostacoli e mettendo alla prova le sue competenze, il bambino non si espone mai al di là delle sue capacità e può provare la soddisfazione del superamento delle varie prove. Non potendo mai correre rischi per la presenza vigile degli adulti, il bambino non può verificare e consolidare le sue capacità e competenze e accumula un grande desiderio di rischio inespresso che rischia di esplodere anche in forme pericolose quando il controllo dell`adulto non sarà più possibile.
di Francesco Tonucci
L`unica possibilità per i bambini di sperimentare le loro capacità, esplorare l’ambiente, scoprire cose nuove, elaborare criteri di controllo del rischio, norme di organizzazione del tempo e dello spazio è che possano avere periodi di tempo nei quali incontrarsi fuori casa, con altri bambini e senza la presenza di adulti incaricati della loro sorveglianza. Andare a scuola con i compagni e non con i genitori, uscire nel pomeriggio per giocare, andare al negozio per fare compere, andare da soli in piscina, vanno considerate esperienze di grande valore.
È importante che l`autonomia dei bambini cresca con loro a partire dai primi giorni di vita e senza mai interrompersi: meglio una coperta del box, perché dalla coperta si può uscire e dal box no; più tardi uscirà dalla porta di casa per giocare sulle scale o sul pianerottolo, poi in cortile, poi sul marciapiedi e poi sempre più lontano man mano che le sue capacità glielo permetteranno. Questi momenti di organizzazione autonoma del tempo e dello spazio permetteranno anche di muoversi liberamente evitando il rischio di obesità, di elaborare meccanismi di controllo dello spazio, del tempo e di difesa di fronte ai pericoli, indispensabili per evitare i troppo frequenti incidenti dell`adolescenza.
LA CITTÀ DEI BAMBINI
Francesco Tonucci è anche un bravo cartoonist, si firma FraTo. Grazie anche ai suoi disegni il sito www.lacittadeibambini.org, che vi invitiamo a visitare, si presenta con una home page molto divertente. I disegni si animano e producono suoni per introdurvi nelle ricche pagine del sito che illustrano un grande lavoro fatto negli ultimi anni, in collaborazione con il CNR, per rendere la città più vivibile dai bambini. Impossibile raccontarvi la grande quantità di materiale che potete trovare in questa vera e propria miniera. Un esempio per tutti: se cliccate sulla sezione “immagini e materiali” e poi cercate le “multe” troverete i biglietti delle multe dei bambini, illustrate da FraTo e prodotte a Roma, a Fano, ma anche in Spagna per “sanzionare” gli automobilisti indisciplinati che, parcheggiando la loro auto dove non dovrebbero mai parcheggiare, impediscono ai bambini di muoversi liberamente per la città.
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La salute dei bambini,
Psicologia infantile
giovedì 17 gennaio 2013
L’acetone nei bambini: cause, sintomi e terapia
Mio figlio Marco non ha mai avuto problemi di acetone, quindi non mi sono mai interessata direttamente a questo problema, ma essendo molto diffuso tra i bambini, ho deciso di condividere con voi, questo articolo di Mamma Medico:
L’acetone nei bambini: cause, sintomi e terapia
L’acetonemia (nota comunemente anche come acetone) o chetosi è un’ alterazione metabolica molto frequente in età pediatrica che si verifica quando l’organismo del bambino, dopo aver bruciato tutti gli zuccheri a disposizione, inizia a bruciare anche i grassi per far fronte alle necessità energetiche. Accade pertanto quando vengono meno le scorte di zuccheri. L’acetone è dunque una risposta del corpo ai valori bassi di glucosio e non è una malattia. ( Continua a leggere http://www.mammamedico.it/metabolismo-bambini/acetone-sintomi-terapia/ )
lunedì 14 gennaio 2013
Da mamme “biberon” a mamme “contenitore”: il ruolo della madre nella crescita dei figli
Ecco il quarto articolo di Agnese Festo psicologa in formazione.
Da mamme "biberon" a mamme "contenitore": il ruolo della madre nella crescita dei figli
Qual è il ruolo della madre all’interno della famiglia? Quale posizione occupa all’interno della relazione con il figlio? Oltre al fondamentale ruolo di accudimento, nutrizione e cura, qual è la peculiarità dell’intervento materno nell’educazione dei bambini?
Tutti quanti riconosciamo senza alcun dubbio il ruolo fondamentale di cura che ogni mamma ha, soprattutto nei primi mesi di vita, nei confronti del suo bambino. E’ invece il più delle volte oscuro quale sia il ruolo principe della madre nella crescita psicologica, affettiva, cognitiva ed emotiva del bambino.
Se nei primi mesi di vita il ruolo materno si compie nelle funzioni primarie, generare, nutrire, curare, successivamente diventa sempre più complesso e si compie nella relazione, nella qualità del rapporto e nello scambio. Ad arricchire la relazione di scambio e affetto è quello che spesso viene chiamato istinto materno, che nella psicologia di Winnicott viene definito preoccupazione materna primaria, ovvero una capacità innata nella donna di comprensione del bisogno dell’altro che permette una risposta adeguata ai bisogni ed alle esigenze del bambino.
Ma dal punto di vista psicologico, della gestione delle emozioni e degli affetti, come influisce la madre sulla crescita del bambino? Interessante risulta essere la visione psicanalitica di Bion: la madre è un contenitore che accoglie gli stati affettivi del bambino, li rielabora e li riconsegna al bambino che diventa così in grado di gestirli. In parole semplici il bambino diventa in grado di gestire paura, ansia, gioia se la madre si dimostra pronta nel riconoscere tali emozioni e nel rispondere ad esse in modo chiaro e coerente. È per questo motivo che una madre incapace di gestire la propria ansia non potrà fungere da contenitore per il suo bambino che sarà con molta probabilità insicuro ed ansioso fin dai primi mesi di vita.
La figura materna, dunque, aiuta il bambino a metabolizzare le esperienze e lo stimola a scoprire il suo sé, offrendo al piccolo l’opportunità di sperimentare gli effetti del suo stesso comportamento.
Anche nella creazione dei limiti e delle regole, il più delle volte attribuita al padre, interviene la figura materna che abbandona il ruolo di "culla" per assumere quello di guida, punto di riferimento e modello.
In ogni momento il figlio trova, nella madre, certezze e scopre debolezze che aiutano ad imparare a perdonare e a perdonarsi, ma riceve anche sprone, comprensione, solidarietà ed aiuto.
Dunque il ruolo materno presuppone una complessità che implica non solo un istinto di cura e protezione verso il figlio, ma funzioni psico-sociali difficili da organizzare, la necessità di un continuo autocontrollo, di una maturità psicologica e sociale, un arricchimento costante e un cambiamento dinamico e flessibile alle esigenze dei più piccoli.
Agnese Festo - Psicologa in formazione
Per un primo colloquio gratuito, contattata il SIPO su:
venerdì 11 gennaio 2013
I bambini e la morte
Mio figlio Marco ( sei anni ) ha il terrore della morte, spesso mi chiede, cosi' all'improvviso, se lui morira' e se noi genitori moriremo. Lui e' un pauroso di natura, ma io alla sua eta' non ci pensavo proprio, anzi, a dire il vero, mi sentivo immortale.
Stasera mi ha chiesto se io moriro', io, come al solito, l'ho tranquillizzato, gli dico sempre che tutti prima o poi dobbiamo morire e che la morte non e' altro che l'inizio di una nuova dimensione, magari anche piu' bella di quella che stiamo vivendo. Poi mi ha detto: "mamma, ma io non posso morire perche' sono piccolo", ho capito che associa la morte all'eta' e cosi' gli ho detto che tanti bimbi anche piu' piccoli di lui purtroppo muoiono e vanno a vivere insieme a Gesu'.
Allora lui ha fatto una cosa che mi ha commosso, si e' seduto sul letto e mi ha detto: "mamma mi aiuti a fare il segno della croce", abbiamo fatto il segno della croce insieme e poi lui mi ha detto: "ma come si parla a Gesu'" e io gli ho detto: " con parole tue, come se stessi parlando con me".
Cosi' ha iniziato a recitare la sua prima preghiera: "Gesu' benedici tutti i bimbi di tutto il mondo, aiuta i bimbi malati come Andrea, io a volte mi comporto male con lui, perche' non capisco la sua malattia, fammi vivere tanti anni come quella scienziata ( Rita Levi Montalcini ) perche' io devo ancora imparare a leggere, a scrivere, a parlare bene, vedi che parlo ancora come un bimbo piccolo, devo imparare a guidare l'auto, devo fare ancora tantissime cose, quando avro' imparato a fare tutto, allora potro' venire a vivere con te."
Voi come affrontate il tema della morte con i vostri figli ?
Marcella Cannizzaro ha scritto: Decisamente un argomento molto delicato, soprattutto per i bimbi, ma molto spesso la conoscono proprio attraverso la tv...o per esperienze,ahimè',vicine a loro; quando mi è capitato, affronto il tema con un bel sorriso... Spiegandogli che Gesù' ci chiama in cielo e diventano Angeli, ma al tempo stesso li esorto a non pensarci mai...quindi in positivo porto il discorso verso la gioia di vivere!!S.O.S. Mamma ha scritto: Leggete anche una discussione, con la risposta delle psicopedagogiste, sul nostro forum: http://www.cheforte.it/forum/ forum/tutte-le-discussioni/ come-parlare-di-morte-ai-bambin i.html
Anglona Targiani ha scritto: Anche mia figlia spesso dice "mamma vedi sono morta" e si mette nel letto buttata un pò così... mi fa un senso sentirla parlare così.....
Marika Soranno ha scritto: Anche la mia (4anni) ultimamente mi dice spesso "mamma, io nn voglio che tu muori, voglio che stai sempre con me e anche papà "...non so perche' me lo dice, forse é un suo modo per dirmi che ha paura che possa essere abbandonata, forse perche' é troppo attaccata a me, forse perche' ha visto qualche scena di morte o sentito parlarne....cmq io subito la tranquillizzo dicendole che deve stare tranquilla perche' noi non la lasceremo mai!!!!
Manuela Terrana ha scritto: Anche il mio di 4 anni se ne esce con frasi sulla morte, é normale, quando cominciano a capire ed il tuo a sei anni capisce meglio di bimbi più piccoli, si interrogano. Rasserenalo per quanto puoi, dicendogli la veritá, ma alla sua portata senza angosce.
Paola Carìa ha scritto: Purtroppo è cosi, una volta il mio piangendo mi disse è vero mamma che tu sarai sempre vicino a me e mi vedrai sempre, ma io nn ti vedro' piu'.... :( come dargli torto.,....per consolarlo sdrammatizzai e dissi che avevo intenzione di morire da vecchissima...pero' aveva ragione, è terribile.
Michele Neves ha scritto: Della collana Come aiutare i bambini di Margot Sunderland Ed. Erickson c'e' un numero che tratta la morte e una favola con la storia in software e delle attivita' da svolgere molto utile.
MammeAcrobate.com ha scritto: Guarda mia figlia ha iniziato a farmi domande sulla morte che non aveva nemmeno 5 anni... L'età è quella, iniziano in questo periodo a prendere consapevolezza di cosa significa perdere qualcuno per sempre. Io ho cercato di parlargliene con serenità (oddio ho provato ma non so quanto ci sia riuscita) cercando di tranquillizzarla... Ricordo ancora la sensazione di panico che mi prendeva da bambina quando pensavo alla morte... Fa parte di un percorso di crescita.
Roberta Bertotti ha scritto: Forse ha sentito qualcuno parlarne? Magari a scuola...io alla sua età ho perso mio nonno e ricordo che poi avevo una paura assurda e facevo mille domande ai miei. Con mio fratello (più grande di tre anni) un giorno abbiamo chiuso gli occhi e tenuto il fiato..poi ci siamo detti: è così essere morti?? Pensa, lo ricordo come fosse ieri e di anni ne ho 36!! Da bambini assorbiamo come spugne, magari tu non ti sei accorta, ma probabilmente ha sentito qualcosa..
Simona Cosci ha scritto: E' una cosa normale perchè ha paura dell'abbandono... Dagli tempo e spiegagli che si succederà ma quando anche lui sarà vecchio...Spiegaglielo giocando almeno la paura gli passa....
Luana Masia ha scritto: Senti mi sembra mia figlia!!!7 anni e di colpo si mette a piangere e mi dice che lei non vuole diventare vecchia e non vuole morire,,,ora è un po di tempo che non me lo dice più. io la rincuoravo e le dicevo che lei ora è una bambina e deve pensare a vivere giocare e andare a scuola. Da poco abbiamo avuto un lutto in famiglia e lei lo sa le ho spiegato che la sua bisnonna era arrivata alla fine del suo percorso qui sulla terra e ora era in Cielo con suo marito che la stava aspettando e sua figlia.
Argenzia Luongo ha scritto: Mia figlia, sei anni da pochi giorni, ieri mi ha chiesto: "mamma ma io e te moriremo insieme?" io le o risposto mi auguro di no amore, io sono piú vecchia di te e lei ha cominciato a dire ma io non voglio......io non mi preoccupo, le dico semplicemente che ci penseremo quando sarà il momento.... E che ora non muore nessuno.... Cosi si tranquillizza!
La Signora Alessandra Tresca ha scritto: Dipende molto da che rapporto hai tu con la morte... Io sono credente e sono fermamente convinta che nell'altro mondo si stia bene. E ho promesso alla mia bimba che la morte tutto sommato non è così male, quando arriva.
Michela Artusi ha scritto: E' un argomento che ho affrontato anch'io recentemente, gli esperti dicono che è diffuso il fenomeno "paura della morte" e anche delle malattie, perchè siamo stati noi genitori-insegnati ad allontanare i bambini dal fenomeno, pensando di proteggerli, in realtà li abbiamo confusi, una volta che la vita e la morte si vivevano in casa con naturalezza, non turbavano nè ponevano ai genitori nessun problema su come affrontarli con i figli.....si dovrebbe riassumere atteggiamenti più naturali e riavvicinare i bambini alla malattia e alla morte così loro con altrettanta naturalezza li comprenderebbero.
Emanuela Abbati ha scritto: Io da piccola ci pensavo molto, e sinceramnete ai miei figli di 2 e 6 anni li dico spesso di non fare sciocchezze (spingersi dalle scale e lanciarsi in mezzo alla strada) perchè si muore e morire significa non poter fare mai più le cose belle dalla vita!! Loro non ne parlano e non chiedono oltre. Se però avessi un figlio preoccupato forse cercherei di spiegargli che morire fa parte di tante tappe della vita, come il primo dentino che cade e la prima pipì a letto. L'importante è che la morte arrivi decisa dalla Natura e meglio se saremo vecchi.
La nostra nonna è morta, ma ho spiegato a mio figlio che è morta felice perche' aveva 85 anni e aveva avuto figli e nipoti felici e questo per lei era la gioia piu' grande. Aveva realizzato il suo desiderio.
La nostra nonna è morta, ma ho spiegato a mio figlio che è morta felice perche' aveva 85 anni e aveva avuto figli e nipoti felici e questo per lei era la gioia piu' grande. Aveva realizzato il suo desiderio.
mercoledì 9 gennaio 2013
Che cosa sono le punizioni ?
Ecco un altro articolo della rivista "Un pediatra per amico.it"
Capricci e punizioni - Rivista n. 1 Gennaio-Febbraio - 2009
Che cosa sono le punizioni
Anche le punizioni fanno parte del processo educativo
di Paolo Roccato
Le punizioni sono l’uso della forza nel processo educativo.
Sono una specie di “sottolineatura” di una regola comportamentale già precedentemente sancita che non è stata seguita. È resa necessaria per comunicare con chiarezza fondamentalmente due cose: che la regola che non è stata seguita è importante e imprescindibile; e che la responsabilità di attenersi a quella regola importante è propria del soggetto (del bambino, nel nostro caso).
A questo punto è utile una breve divagazione, per un inquadramento generale.
Il processo di civilizzazione dell’umanità è andato di pari passo con la progressiva centralizzazione del diritto-dovere dell’uso della forza nel dirimere le controversie fra i singoli o i gruppi. Progressivamente, è stato sempre più sancito che nessuno ha il diritto di farsi giustizia da sé e, più ancora, che nessuno può vendicarsi per un torto subito né può sopraffare o punire nessuno con iniziativa privata; ma che tutti devono sottostare alle leggi e che spetta al potere centrale comminare le pene per chi disobbedisce ad esse o comunque non vi si attiene. Via via è stata sempre meno accettabile la “legge della jungla”, secondo la quale è permesso a tutti di essere violenti con tutti, in modo tale che chi prevale è solo il più forte; mentre è stato sempre più convenuto e stabilito che tutti sono uguali davanti alla legge, e che chiunque la viola viene punito da un apposito organo delle stato: la magistratura. Ogni sottrazione di qualcuno al potere delle leggi, così come ogni deroga alla centralizzazione del diritto-dovere di esercizio della forza, è un passo indietro nel processo di civilizzazione.
È chiaro che, all’interno della famiglia, il diritto-dovere di sancire le leggi e di farle rispettare spetta ai genitori, così come spetta a loro definire e comminare le punizioni.
I figli, fin tanto che sono minorenni, possono discutere, criticare, obiettare, fare pressioni per far modificare, ma non spetta loro né stabilire le leggi che regolano la convivenza civile né usare la violenza per determinare il corso delle vicende relazionali.
Vi sono genitori che, pensando di far bene, si impegnano ad evitare ai loro figli ogni tipo di dispiacere, per cui non chiedono né pretendono nulla da loro. L’intento loro non è educativo (cioè favorire che i bambini si attrezzino ad affrontare adeguatamente la vita), ma è quello di rendere felici i figli momento per momento. Il risultato, però, è quello di crescere dei piccoli odiosissimi dittatori, incapaci di un sano e fruttuoso vivere sociale, che non riescono ad impegnarsi in nulla che non sia il perseguimento del loro immediato interesse, che non sopportano frustrazioni e difficoltà, incapaci di rispettare gli altri e di farsi rispettare in modi reciprocamente accettabili. Bambini gravemente danneggiati nelle loro capacità di vivere la dimensione sociale, incapaci di vivere relazioni paritarie, cooperative, progettuali. Incapaci, in definitiva, di amare e di farsi amare. Bambini, alla fin fine, prepotenti e infelici.
Anche le punizioni fanno parte del processo educativo. Conviene, quindi, che sappiamo orientarci, per poterle usare in modo avveduto, sensato e utile.
Capricci e punizioni - Rivista n. 1 Gennaio-Febbraio - 2009
Che cosa sono le punizioni
Anche le punizioni fanno parte del processo educativo
di Paolo Roccato
Le punizioni sono l’uso della forza nel processo educativo.
Sono una specie di “sottolineatura” di una regola comportamentale già precedentemente sancita che non è stata seguita. È resa necessaria per comunicare con chiarezza fondamentalmente due cose: che la regola che non è stata seguita è importante e imprescindibile; e che la responsabilità di attenersi a quella regola importante è propria del soggetto (del bambino, nel nostro caso).
A questo punto è utile una breve divagazione, per un inquadramento generale.
Il processo di civilizzazione dell’umanità è andato di pari passo con la progressiva centralizzazione del diritto-dovere dell’uso della forza nel dirimere le controversie fra i singoli o i gruppi. Progressivamente, è stato sempre più sancito che nessuno ha il diritto di farsi giustizia da sé e, più ancora, che nessuno può vendicarsi per un torto subito né può sopraffare o punire nessuno con iniziativa privata; ma che tutti devono sottostare alle leggi e che spetta al potere centrale comminare le pene per chi disobbedisce ad esse o comunque non vi si attiene. Via via è stata sempre meno accettabile la “legge della jungla”, secondo la quale è permesso a tutti di essere violenti con tutti, in modo tale che chi prevale è solo il più forte; mentre è stato sempre più convenuto e stabilito che tutti sono uguali davanti alla legge, e che chiunque la viola viene punito da un apposito organo delle stato: la magistratura. Ogni sottrazione di qualcuno al potere delle leggi, così come ogni deroga alla centralizzazione del diritto-dovere di esercizio della forza, è un passo indietro nel processo di civilizzazione.
È chiaro che, all’interno della famiglia, il diritto-dovere di sancire le leggi e di farle rispettare spetta ai genitori, così come spetta a loro definire e comminare le punizioni.
I figli, fin tanto che sono minorenni, possono discutere, criticare, obiettare, fare pressioni per far modificare, ma non spetta loro né stabilire le leggi che regolano la convivenza civile né usare la violenza per determinare il corso delle vicende relazionali.
Vi sono genitori che, pensando di far bene, si impegnano ad evitare ai loro figli ogni tipo di dispiacere, per cui non chiedono né pretendono nulla da loro. L’intento loro non è educativo (cioè favorire che i bambini si attrezzino ad affrontare adeguatamente la vita), ma è quello di rendere felici i figli momento per momento. Il risultato, però, è quello di crescere dei piccoli odiosissimi dittatori, incapaci di un sano e fruttuoso vivere sociale, che non riescono ad impegnarsi in nulla che non sia il perseguimento del loro immediato interesse, che non sopportano frustrazioni e difficoltà, incapaci di rispettare gli altri e di farsi rispettare in modi reciprocamente accettabili. Bambini gravemente danneggiati nelle loro capacità di vivere la dimensione sociale, incapaci di vivere relazioni paritarie, cooperative, progettuali. Incapaci, in definitiva, di amare e di farsi amare. Bambini, alla fin fine, prepotenti e infelici.
Anche le punizioni fanno parte del processo educativo. Conviene, quindi, che sappiamo orientarci, per poterle usare in modo avveduto, sensato e utile.
lunedì 7 gennaio 2013
Raffreddore: un aiuto dall’Omeopatia
Il raffreddore, un malanno di stagione, talvolta banale, ma cosi' fastidioso, che colpisce tutti, adulti e bambini, rende nervosi, dimezza le nostre attivita' quotidiane, siamo ormai rassegnati a conviverci.
Cerchiamo, allora, dei rimedi meno invasivi possibili, soprattutto per i nostri bambini.
Ecco i consigli di Amico Pediatra, un articolo davvero interessante:
Raffreddore: un aiuto dall’Omeopatia
A cura del dott. Alessandro Targhetta, medico omeopata. ll raffreddore è un appuntamento fisso della stagione invernale che “colpisce” indistintamente anziani, adulti e bambini. In particolare, nei più piccoli l’insorgere dei primi sintomi è facilmente riconoscibile: naso ostruito inizialmente, comparsa successivamente di scolo nasale mal di gola, mal di testa, qualche volta febbricola, sono tutti sintomi tipici del raffreddore, che solitamente tendono a provocare nel bambino uno stato... ( Continua a leggere http://www.amicopediatra.it/genitori/in-primo-piano/raffreddore-nei-bambini-un-aiuto-dallomeopatia.htm )
giovedì 3 gennaio 2013
Befane segnaposto
Qualcosa di originale per la festa della Befana, non la solita calza, questa era la nostra idea.
Cosi' ci siamo messi a pasticciare con la cartapesta, dopo averla preparata:
Oltre ad avere la casa invasa dai nuovi giocattoli in questo periodo, ci sono anche molti cartoni e imballi vari. Ho deciso di usare come stampo, proprio un residuo di confezione di un giocattolo di Marco:
Marco all'opera, riempie di cartapesta il nostro stampo casalingo:
Ecco il lavoro finito:
Ci sono voluti due giorni per fare asciugare bene le nostre Befanine, eccole:
Marco, armato di colla a caldo, veste le nostre Befane con materiale riciclato che avevamo in casa:
Con i colori a tempera e un bel pennello, le abbiamo colorate un poco e anche un po' truccate, per farle piu' brutte.
Ecco pronte le nostre Befane segnaposto, che regaleranno un sorriso alla tavolata del giorno dell'Epifania.
Bambini "modello"
Stamattina, navigando in internet, come faccio sempre, in cerca di notizie, idee, creativita', ecc., mi sono imbattuta in questo pensiero che subito mi ha colpito:
Valentina Loche, Educatrice ha scritto:
"Martina è nata tranquilla in una famiglia tranquilla. Una di quelle meravigliose bambine o bambini col temperamento sereno, pacato, riflessivo. I genitori sono orgogliosi e fieri di lei ed ogni occasione è buona per dirgli “che brava Martina”. Quando Martina entra alla scuola dell’infanzia e più avanti alla scuola elementare, le insegnanti
"Martina è nata tranquilla in una famiglia tranquilla. Una di quelle meravigliose bambine o bambini col temperamento sereno, pacato, riflessivo. I genitori sono orgogliosi e fieri di lei ed ogni occasione è buona per dirgli “che brava Martina”. Quando Martina entra alla scuola dell’infanzia e più avanti alla scuola elementare, le insegnanti
la prendono ad esempio esaltandone la bravura ed elogiandola continuamente davanti a tutti. Zii, parenti, amici, amici degli amici non fanno altro che ricordare a Martina quanto sia brava. Altri genitori quando sono con i propri figli a passeggio ed incontrano Martina si fermano, guardano il proprio figlio ed esclamano: perché non prendi esempio da Martina, guarda che brava. Nessuno sembra cogliere quell’ansia che pian piano a Martina sale. La stessa che moltissimi dei bambini che vanno meglio a scuola hanno. Non è l’ansia di chi è stato bravo, non è l’ansia di chi è bravo, è l’ansia di chi pian piano sta inter iorizzando che dovrà sempre essere bravo perché quello è ciò che lo identifica e che lo rende “Martina”. Tanto che il giorno che Martina, giusto per provare, è meno brava del solito arriviamo tutti a dirgli “come mai Martina, non sembri neanche tu?!?”. Martina deve essere perfetta o non è Martina. Il rischio è quello di non comprendere che Martina ha voglia di essere imperfetta come tutti. Che vorrebbe essere, qualche volta, meno brava…giusto per tirare il fiato. Il rischio per Martina è quello di entrare in saturazione psichica per cui ad un certo punto scoppia. O rifiutando la scuola e tutte le regole che sembravano calzate apposta su di lei o con comportamenti di chiusura verso la vita o il mondo (quanti bambini “perfetti” avete conosciuto che poi sono scoppiati alle scuole superiori o all’università e che vi ricordano Martina?). Come accorgersi se col proprio figlio/a si sta esagerando fino al punto di fargli venire la “sindrome da Martina”? Nella scuola primaria chiedetevi con quanta serenità sta vivendo la scuola il vostro bambino bravo. Se è bravissimo a scuola ma pieno di ansie, di aspettative da risultato, di paure da fallimento… qualche riflessione vale la pena farla. Riflessione non dramma o tragedia…."(Lorenzo Braina, educatore)
Mi ci sono subito ritrovata. A differenza della povera Martina, su citata, io non ero lodata da nessuno, iniziai la scuola elementare e scoprii che mi piaceva studiare. Cosi' diventai un modello per i miei compagni di scuola e la cosa all'inizio non mi dispiaceva, non sapevo che sarebbe stata un'arma a doppio taglio. Infatti, i primi che si "approfittarono" della mia condizione, furono proprio i miei genitori, che sfruttando la mia bravura e direi anche la mia ingenuita', mi investirono di responsabilita', facendomi crescere prima del tempo. Una volta assunto quel ruolo, non potevo piu' tirarmi indietro, a scuola dovevo essere sempre preparata e in famiglia dovevo tappare i buchi lasciati dai miei genitori. Ne sono uscita solo a trenta anni, dopo una non vita, una vita vissuta dietro ad una finestra a guardare la normalita' del mondo, capace di sbagliare, di non essere sempre preparato, di non essere sempre educato. Ne sono uscita grazie ad una persona e a cio' che rappresentava, alla forza che mi ha dato di credere veramente in me stessa e di mandare tutti a quel paese. Naturalmente, ho dovuto fare un gesto eclatante per uscire da quella apatia e iniziare a vivere e ricordo molto volentieri che l'unica che mi comprese al volo, che fu contenta di questo cambiamento, fu mia nonna paterna. Io non me lo sarei mai aspettato perche' lei era una di quelle che mi portava in giro quasi "esibendomi", ma in realta' poi ho capito che voleva solo spronarmi a venirne fuori.
Questa e' la mia esperienza, leggiamo adesso le vostre:
Claudia Manfredini ha scritto: la conosco la Martina!! ora ha 14 anni, fa il liceo, e non deve deludere nessuno... ha la media del 10, è capitana della squadra di pallavolo, dorme poco la notte perchè deve studiare... non esce perchè deve studiare... crede di selezionare i compagni, perchè lei è la più brava e merita il meglio... è sola Martina, perchè essendo lei il meglio, di meglio non trova.Ti descrivo anche i genitori della Martina, brevemente: il padre è succube dell'intelligenza della figlia che coltiva come un fiore raro... La madre, venuta a conoscenza della dislessia di mio figlio, mi chiese preoccupata : come fai? io morirei.... Non so chi dei tre mi fa più pena, oggi. O schifo, domani
Psicologa Marilena Bonifacio ha scritto: Ci sono numerosi esperimenti su come le aspettative influiscono fortemente sul comportamento delle persone, con il risultato inequivocabile che esiste il potere di far sì che gli altri diventino ciò che ci si aspetta da loro. Se il piccolo sta crescendo, diventa sempre più grande e il suo carattere si fa sentire. Non esita a dire ciò che ama e ciò che non sopporta, afferma le sue ragioni, fa dei programmi. Spesso vi contraddice, replica alle vostre ingiunzioni, mette in discussione regole che fino a quel momento erano date per scontate. E voi vi scontrate con lui, vi chiedete cosa stia succedendo, cosa sia cambiato da quando vi sembrava che il pensiero del piccolo fosse esattamente in linea con il vostro.
Fermatevi un attimo a pensare e vi renderete conto che il vostro bambino sta cominciando ad affermare se stesso. Sì, perché non è detto che condivida in toto i vostri modelli di vita, può volerne sperimentare altri.
Allora sta a voi fare una riflessione importante: quanto di ciò che gli proponete ogni giorno cerca di assolvere alle vostre aspettative senza tener conto delle sue reali inclinazioni? Ad esempio, mandate vostro figlio a nuoto, così che diventi forte e armonioso, a calcio, così che possa giocare a qualcosa che lo diverte, a chitarra, perché saper suonare uno strumento è bello, a ripetizioni, perché a scuola bisogna essere perfetti.
Avete riflettuto su quanto carico da gestire tutto questo comporta? E vi stupite se finge i mal di pancia per non andare a nuoto o la sera fa i capricci per finire i compiti scolastici? Lo state facendo proprio solo per lui o state un po’ cercando di costruire il figlio perfetto? Una riflessione....saluti a tutti...
Fermatevi un attimo a pensare e vi renderete conto che il vostro bambino sta cominciando ad affermare se stesso. Sì, perché non è detto che condivida in toto i vostri modelli di vita, può volerne sperimentare altri.
Allora sta a voi fare una riflessione importante: quanto di ciò che gli proponete ogni giorno cerca di assolvere alle vostre aspettative senza tener conto delle sue reali inclinazioni? Ad esempio, mandate vostro figlio a nuoto, così che diventi forte e armonioso, a calcio, così che possa giocare a qualcosa che lo diverte, a chitarra, perché saper suonare uno strumento è bello, a ripetizioni, perché a scuola bisogna essere perfetti.
Avete riflettuto su quanto carico da gestire tutto questo comporta? E vi stupite se finge i mal di pancia per non andare a nuoto o la sera fa i capricci per finire i compiti scolastici? Lo state facendo proprio solo per lui o state un po’ cercando di costruire il figlio perfetto? Una riflessione....saluti a tutti...
Paolo Pugni ha scritto: permettergli di sbagliare, non sovraccaricare di aspettative....
Paola Rusich ha scritto: A me è successa la stessa cosa con mio figlio minore nel periodo della scuola materna. Con la differenza che tutti continuavano a dirgli che era vivace e birichino e lui, dopo un po' si era calato nella parte del bambino vivace e continuava a comportarsi come tale. Finché. ascoltando uno psicologo, ho scoperto che a quell'età i bambini devono costruirsi un'immagine del proprio sè, che è basata per gran parte su quello che gli altri dicono e pensano di loro. Allora ho vietato a nonni, amici e parenti di definirlo bambino vivace e devo dire che la cosa sta funzionando. Quest'anno ha cominciato la scuola primaria senza nessun problema di comportamento.
Maria Cristina Novello ha scritto: Io ero come Martina e sono scoppiata alle scuole superiori... Poi sono andata all'università in un'altra città e ho ripreso a credere in me stessa. Ma è stato un momento durissimo. Per questo cerco sempre di "stemperare" con mia figlia.. Ma non è facile, anche lei finora è sempre stata molto brava a scuola e trovo che a volte, nonostante, i miei sforzi di farle capire che a me va bene così, che ci sono gli alti ma anche i bassi , sia già eccessivamente dura con se stessa..
Kikki E le Altre ha scritto: io cerco di usare il "trucco" di "giudicare" gli avvenimenti e non i bimbi. Tipo "hai fatto una cosa carina" o "è una pessima idea". Non il "sei bravo" o "sei cattivo". Se non mi sono spiegata.. riprovo con parole mie...
Valentina Ferri ha scritto: il contrasto tra bambino reale e bambino immaginato pesa sempre di più sui più piccoli!
NoiNonni ha scritto: È quello che noi abbiamo chiamato "ansia da prestazione" e di cui ci siamo occupati in un articolo messo online non molto tempo fa (http://www.noinonni.it/1_filo-diretto/nonni-e-genitori/ansia-da-prestazione-no-grazie/). È vero, è proprio così: difficile per un bambino "bravo" sottrarsi al "dovere" di essere bravo sempre...
Paola Marella ha scritto: non ci si libera mai del tutto...
Fabiola Viti ha scritto: No non mi sono Mai liberata: la "brava" figlia, la"brava" moglie, la "brava" mamma, la brava "nonna".....ho passato il mezzo secolo e non ho mai trovato me stessa.... Rassegnata ormai a non trovarmi più ......
Simona Mercati ha scritto: A me capita da quando sono mamma...e sono dovuta arrivare all'esaurimento per uscirne fuori...
Elisabetta Loi ha scritto: Mi fa tristezza che spesso siano gli insegnati ad elogiare questi primi della classe.. io per prima venivo portata nelle altre classi a far leggere i miei compiti ai meno bravi.. mio figlio non fa altro che ricordarmi quanto sia bravo, colori bene etc.. il suo compagno xxx che è il PRIMO DELLA CLASSE, senza sminuire questo bambino.. ma mio figlio ha stabilito anche un senso di insicurezza su cui io devo lavorare ogni santo giorno ribandendogli che l'importante è che uno si impegni nella vita, che per me lui è bravissimo e che non è da meno del suo compagno xxx!!!
Katia Rossi ha scritto: Condivido il pensiero di Elisabetta...ogni giorno è "un confronto" con i "più bravi di te"!Ma come aitare al meglio i meno bravi?bisogna far notare le cose positive che fanno i ns figli e allora come non strafare?
Dott Adelaide Donzello Pedagogista ha scritto: Sono spesso le troppe o le poche aspettative dei genitori a creare inutili ansie nei bambini. Se i genitori hanno scarsa fiducia nei loro figli, i bambini penseranno di valer poco e ciò potrebbe avere ripercussioni sulla loro autostima e la stessa motivazione potrebbe risentirne. Aspettative eccessive invece, possono produrre una autostima esagerata nei bambini o arrecare ansia..un bambino potrebbe aver paura di fallire e dispiacere i genitori.Ci vuole una giusta misura in tutte le cose.
Celotto Ciro Senior ha scritto: Possiamo fare molto per l’autostima nei bambini. Capacità come il pensiero critico, la consapevolezza e l’indipendenza sono sviluppabili sin da quando sono piccoli e possiamo fare davvero tanto per aiutarli a crescere con una sana autostima. Spesso si confonde questo con l’instillare la convinzione di essere i migliori, di essere infallibili, che il successo sarà a portata di mano. Queste non solo sono illusioni, ma non hanno nulla a che vedere con l’autostima. Se vogliamo accrescere l’autostima nei bambini dobbiamo insegnare loro il contrario di quello che generalmente mostriamo.
Noi valiamo a prescindere da qualsiasi risultato sportivo, sociale o scolastico. Questa è la prima verità che loro devono sapere. Il nostro valore non ha nulla a che vedere con il giudizio degli altri, anche se sono professori, esperti o premi Nobel. La loro stima non deve essere legata ai comportamenti che ci piacciono, all’ubbidire ai più grandi, al rispettare regole imposte. Se vogliamo accrescere l’autostima nei bambini dobbiamo insegnargli a ragionare, a fare domande scomode, a non accettare qualcosa solo perché noi o chiunque altro lo dice.
L’autostima è la nostra capacità di giudicare il nostro valore. Il primo passo è aiutare i nostri bambini a saper valutare, da soli, senza aiuto di nessuno. Non dobbiamo costringere i nostri bambini a scrivere, vestirsi, comportarsi nello stesso modo solo perché è “così che si fa” o per non sembrare ridicoli o sfigati. Dobbiamo insegnare ai nostri bambini a non badare a cosa penseranno gli altri delle loro scelte. Ogni volta che insegniamo ai nostri bambini a non agire per timore della disapprovazione degli altri, feriamo la loro capacità di costruirsi una sana autostima.
Se vogliamo sviluppare una sana autostima nei bambini dobbiamo spiegargli che sono liberi di fare scelte, di compiere azioni, ma che sono responsabili delle conseguenze di queste loro scelte e azioni. Dobbiamo mostrare loro che sono ciò che scelgono di essere, che hanno un potenziale infinito e non devono adeguarsi agli altri rinnegando la loro unicità.
I bambini dovrebbero imparare sin da piccoli che sono liberi di scegliere, che sono persone uniche degne di valore, che sono responsabili della loro felicità, della loro vita. Anche se hanno bisogno del nostro aiuto per crescere, non sono inferiori a noi e non dovremmo mai farglielo neanche pensare. L’autostima nei bambini, non c’è dubbio, dipende dall’autostima che avremo noi che li guideremo fino al momento in cui sapranno spiccare il volo.
Noi valiamo a prescindere da qualsiasi risultato sportivo, sociale o scolastico. Questa è la prima verità che loro devono sapere. Il nostro valore non ha nulla a che vedere con il giudizio degli altri, anche se sono professori, esperti o premi Nobel. La loro stima non deve essere legata ai comportamenti che ci piacciono, all’ubbidire ai più grandi, al rispettare regole imposte. Se vogliamo accrescere l’autostima nei bambini dobbiamo insegnargli a ragionare, a fare domande scomode, a non accettare qualcosa solo perché noi o chiunque altro lo dice.
L’autostima è la nostra capacità di giudicare il nostro valore. Il primo passo è aiutare i nostri bambini a saper valutare, da soli, senza aiuto di nessuno. Non dobbiamo costringere i nostri bambini a scrivere, vestirsi, comportarsi nello stesso modo solo perché è “così che si fa” o per non sembrare ridicoli o sfigati. Dobbiamo insegnare ai nostri bambini a non badare a cosa penseranno gli altri delle loro scelte. Ogni volta che insegniamo ai nostri bambini a non agire per timore della disapprovazione degli altri, feriamo la loro capacità di costruirsi una sana autostima.
Se vogliamo sviluppare una sana autostima nei bambini dobbiamo spiegargli che sono liberi di fare scelte, di compiere azioni, ma che sono responsabili delle conseguenze di queste loro scelte e azioni. Dobbiamo mostrare loro che sono ciò che scelgono di essere, che hanno un potenziale infinito e non devono adeguarsi agli altri rinnegando la loro unicità.
I bambini dovrebbero imparare sin da piccoli che sono liberi di scegliere, che sono persone uniche degne di valore, che sono responsabili della loro felicità, della loro vita. Anche se hanno bisogno del nostro aiuto per crescere, non sono inferiori a noi e non dovremmo mai farglielo neanche pensare. L’autostima nei bambini, non c’è dubbio, dipende dall’autostima che avremo noi che li guideremo fino al momento in cui sapranno spiccare il volo.
Veronica Cappai ha scritto: ..io sono "Martina"..ma anche se ho "urlato"non mi hanno sentita. Se sono qui è grazie al "caso",grazie"a delle persone" che quel giorno hanno percepito qualcosa di "diverso" e sono arrivate in tempo,grazie al Karma o destino che durante si voglia..Ma ci sono ancora troppi giorni in cui mi chiedo:veramente è "grazie"?oppure posso dire "a causa"?Ho 35 anni e sono ancora Martina.
Giovanna Fornasier · ha scritto:
Giovanna Fornasier · ha scritto:
Io lo definisco "il peso delle aspettative". E' terribile. L'ho vissuto, come primogenita. Ho 62 anni e non mi sono ancora liberata dalla responsabilità di non deludere, di rispondere sempre alle aspettative. Troppo tardi ho capito questo meccanismo e ho anche capito che mi sono comportata così anche con mio figlio. Di buono c'è che lui ha capito prima di me e ha deciso fino a che punto arrivare e da che punto fare come sentiva lui e non come si aspettavano gli altri. Si è salvato... e meno male !!!! E' altrettanto sbagliato l'opposto, deresponsabilizzare, non instillare il minimo senso del dovere; creare degli individui senza regole ha, come risultato, persone insicure, che per mascherare la loro insicurezza saranno ribelli, egoisti, prepotenti e altro. Come sempre, il giusto sta nel mezzo. Il difficile è individuare dove sta il mezzo......
Daniela Capaldo ha scritto: anche io sono una vittima del "modello perfetto" ne sono uscita a 30 anni grazie alla forza di oppormi datami da una persona e da cio' che rappresentava. Stamattina la maestra di mio figlio mi dice: Marco e' bravissimo, ma ha tanta paura di sbagliare. Da stasera ho deciso di avviare, tramite racconti, una politica a favore dello sbaglio, cerchero' di fargli capire che sbagliando si impara e la bellezza di aver la possibilita' di sbagliare, spero di riuscirci, spero di non avergli trasmesso quel gene caratteriale, o almeno cerchero' di correggerlo
Concetta Iuliano ha scritto: mi sono servite molto queste parole...io ho la mia prima figlia ke era bravissima a scuola elementare tanto ke x la sua maestra in quarta elementare era un genio e secondo lei poteva fare il "SALTO" alla prima media....ritirandosi e facendo un esame ......con non poki dubbi glielo feci fare....è stata eccellente x tutte le scuole medie....una prof ke ha avuto solo in terza media sapendo del salto di classe e ritenendo ke era sbagliato la prende di mira perkè doveva dimostrare a tutti (prof e alunni) ke non era x niente una cosa positiva e cosi' gli mette i bastoni tra le ruote.....tanto ke tutti i prof volevano mettere 10 all'esame e lei s'impunto' x il 9 e cosi' fu....usci con 9....lei molto delusa da questa situazione, è rimasta si la prima della classe allo scientifico ke sta ancora facendo, ma con voti piu' bassi 7 e 8....io mamma sono felice lo stesso, ma mio marito mette sempre in evidenza il fatto ke lei "era" un genio e adesso e una "comune alunna" niente eccellenza....quando gli porta il 7 o l'8 e dice ke è il voto piu' alto della classe neanke gli basta a mio marito....io gia' prima di leggere questo articolo non "torturavo" mia figlia con questi discorsi...il fatto è ke mio marito non la pensa come me.....non vorrei ke x la sua "stupidaggine" mia figlia soffrisse la "SINDROME DI MARTINA".....
Arriccia Spiccia ha scritto: Mio figlio maggiore ha avuto la stessa "sindrome"....Colpa mia. Figlio primogenito, perfetto, biondo-occhi azzurri, desiderato, intelligentissimo, primo in tutto.... E io madre orgogliosa e apprensiva.... Ci sono voluti anni x capire che mio figlio ha diritto a una sua identità, a un suo modo di essere, alla sua libertà. In 5 elementare, in ocasione di una gita in cui si allontanava da me -udite udite- x ben 12 ore 12, lui mi chiede serafico di smettere di essere "una mamma ossessiva, oppressiva compulsiva". restata di sasso. Ho fatto un lungo lavoro su di me.... Adesso mio figlio fa la 3 liceo....Intelligentissimo ancora, bellissimo sempre ma.... VIVO. Con i suoi errori e il suo carattere. Io resto una madre ansiosa e ansiogena ma sono migliorata molto...Adesso lui dorme fuori, da amici, si gestisce il tempo, fa le sue scelte, ha le sue ragazzine.... Io ho imparato ad esserci ma non troppo e non sempre.....
Arriccia Spiccia ha scritto: Mio figlio maggiore ha avuto la stessa "sindrome"....Colpa mia. Figlio primogenito, perfetto, biondo-occhi azzurri, desiderato, intelligentissimo, primo in tutto.... E io madre orgogliosa e apprensiva.... Ci sono voluti anni x capire che mio figlio ha diritto a una sua identità, a un suo modo di essere, alla sua libertà. In 5 elementare, in ocasione di una gita in cui si allontanava da me -udite udite- x ben 12 ore 12, lui mi chiede serafico di smettere di essere "una mamma ossessiva, oppressiva compulsiva". restata di sasso. Ho fatto un lungo lavoro su di me.... Adesso mio figlio fa la 3 liceo....Intelligentissimo ancora, bellissimo sempre ma.... VIVO. Con i suoi errori e il suo carattere. Io resto una madre ansiosa e ansiogena ma sono migliorata molto...Adesso lui dorme fuori, da amici, si gestisce il tempo, fa le sue scelte, ha le sue ragazzine.... Io ho imparato ad esserci ma non troppo e non sempre.....
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